
LA CIOCIARA
9 Novembre - 12 Novembre

LA CIOCIARA
Con Caterina Costantini
Dal romanzo di Alberto Moravia
Regia di Aldo Reggiani
NOTE DELL’AUTORE
La Ciociara, un romanzo, un film: la madre, la figlia, lo stupro. Tutto questo è diventato memoria collettiva. Riproporre oggi la Ciociara in teatro per me significa ripercorrere la memoria di un incubo che al risveglio lascia l’amaro in bocca, un senso di solitudine. Dopo, quando l’acutezza delle sensazioni che si provano durante l’emergenza finisce e la piccola vita tutti i giorni frantuma l’esistenza in mille piccoli fastidi, chi ha come Cesira vissuto un ritorno alle origini solide e contadine della propria cultura, non potrà più adattarsi e sarà condannata alla solitudine.
Ecco allora affastellarsi nella mente i ricordi, le persone, gli episodi di un’odissea che culmina con l’episodio dello stupro della figlia Rosetta. Ma non c’è riscatto; mancano gli strumenti culturali per andare oltre il groppo in gola, oltre il fatalismo: “Tutta colpa della guerra”. Michele, il giovane intellettuale, può spendere inutilmente il suo fiato; piccolo Pasolini ciociaro, per farci comprendere la parabola di Lazzaro, gli risponderà l’italietta che canta “Stessa spiaggia stesso mare”.
Aldo Reggiani
LA CIOCIARA
La storia letteraria della Ciociara è abbastanza nota, ma posso ripeterla. Nel luglio del 1943, mentre tutti scappavano, rimasi a Roma per la curiosità di vedere come sarebbe andato a finire. Ma poi, ero nelle lista delle persone da arrestare, dovetti scappare anch’io, in settembre. Con mia moglie Elsa Morante andai in treno sino a Fondi: e li ci fermammo perché, come ci disse un ferroviere, le rotaie non continuavano, erano state bombardate. \ Valige in testa, arrivammo al paese, Fondi, deserto e sprangato. Dovemmo inoltrarci nella campagna per trovare ospitalità presso un contadino. Vi rimanemmo una quindicina di giorni, poi le retate dei tedeschi ci costrinsero a raggiungere le montagne sopra Fondi e c’era un solo uomo, un contadino; Davide, che non era partito per la guerra perché aveva un occhio storto: per il resto soltanto donne e bambini. Restai lassù sino al maggio, poi finii a Napoli e quindi tornai a Roma liberata. In quei nove mesi ne vidi di tutti i colori, come del resto ho raccontato nella Ciociara. Dopo un anno, scrissi la prima stesura del romanzo. Ma arrivato a pagina ottanta non riuscii ad andare avanti. Soltanto dopo tre o quattro anni ripresi a scrivere e finii il romanzo.
Tutti i miei libri, quindi anche questo, sono basati su esperienze personali dirette, però con personaggi e situazioni inventati. Cesira – Ciociara non è mai esistita, Rosetta la figlia non è mai esistita: me le sono inventate.
Alberto Moravia