11-12-13 Novembre ore 20.30
Evento fuori abbonamento
con Daniela Marazita e Cosimo Rega
Come può un uomo, che ha commesso gravissimi crimini, sopravvivere ad una sentenza di ergastolo?
Come può la sua innocente moglie continuare a condividere un progetto di vita in comune?
E se la vita continua, come può compiersi l’evoluzione dall’essere espressione di una sottocultura familiare, e quindi sociale, ad una sete di conoscenza come istinto vitale verso qualcosa che ci appartiene e ci “significa” più di ogni altro credo?
Può una conversione mistica essere mutuata dai versi danteschi, per esempio dal XXXIII canto del Paradiso?
NEL CUORE DEL FALCO
di e con Cosimo Rega e Daniela Marazita (che cura anche la regia) è un testo teatrale a due voci, notturne e profonde: sono quelle di Sumino e Gelsomina.
La piéce affronta il tema dell’identità che si frantuma per un evento traumatico e reiterato (la condotta criminale che porta inesorabilmente alla galera) nella vita di un giovane uomo che tenta disperatamente di ricomporsi e sopravvivere alla catastrofe che ne è stata la conseguenza.
La vicenda umana è reale. Quella di Cosimo Rega detto “Sumino ‘ Falco”.
Il protagonista della vicenda e l’attore che lo interpreta sono la stessa persona. Ogni pensiero espresso drammaturgicamente è frutto di percorsi vissuti e rivissuti, memorizzati al punto da illuminare quel labirinto che altro non è che la vita stessa densa di contraddizioni e contrari che rappresentano una sempre “nuova” unità in divenire: quella della consapevolezza responsabile (che pure non risolve) dove alberga il mistero, cioè Dio, che qui è riconosciuto come l’errore e, al tempo stesso, la soluzione.
Accettare il mistero equivale a riconoscere i propri limiti, penetrare il potenziale dirompente di chi sa di aver sbagliato e tuttavia ha sete di riparazione per continuare a vivere. E nel gesto teatrale, aspirare alla catarsi.
E’ notte e nella cella dove ormai è rinchiuso da trent’anni, Cosimo/Sumino, non riconosce più lo spazio che lo circonda. Improvvisamente e senza un motivo apparente. Uno spazio che qui è la rappresentazione fisica della sua condizione interiore indissolubilmente legata al rimorso per i reati commessi e per le vittime sopravvissute che continuano a vivere nello strazio dell’assenza di un padre, di un marito, di una persona cara.
Uno spazio dove, nella dannazione degli anni, a suo modo, ha letto, studiato, riletto e ancora studiato, tra gli altri, Dante Alighieri e la sua Divina Commedia.
E dunque, perché la sua angusta “stanza” ha cambiato forma?
In realtà il vero cambiamento è interiore perché:
“Il rimorso cambia forma ogni volta che lo spirito si eleva”, dice una voce.